In un Paese dove si discute spesso di energia, clima e futuro sostenibile, sorprende scoprire che solo un italiano su quattro sa davvero cos’è una pompa di calore. Eppure, più della metà degli intervistati (53%) sarebbe disposta a installarne una… se solo servisse davvero a ridurre la spesa in bolletta.
Quello che emerge, insomma, è un’Italia ancora poco informata, dove la consapevolezza ecologica c’è, ma resta spesso scollegata dall’azione concreta. Il 74% degli intervistati, infatti, si dice favorevole all’uso di tecnologie a basse emissioni di CO₂ nella propria abitazione. Ma solo il 17% ha già fatto il passo.
Eppure c’è una fascia della popolazione che sta dando segnali incoraggianti: i giovanissimi. Secondo la ricerca, realizzata su un campione misto di adulti e ragazzi dai 7 ai 15 anni, l’86% dei bambini e degli adolescenti dice di voler aiutare l’ambiente con comportamenti responsabili, e ben il 62% cerca informazioni sui cambiamenti climatici almeno una volta a settimana. Un segnale forte, che racconta di una generazione più attenta, più informata, e forse più pronta a cambiare le cose.
Costi alti, poca chiarezza e tecnici impreparati: così l’Italia resta indietro

Ma allora perché le pompe di calore, che pure promettono risparmio energetico e ambientale, non decollano? I motivi sono diversi: il costo iniziale dell’impianto, la mancanza di incentivi chiari e continuativi, la percezione che molte case non siano adatte all’installazione. A tutto questo si aggiunge una diffusa impreparazione da parte degli operatori del settore.
Lo ha detto con chiarezza anche Mario Motta, docente del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano, intervenuto alla presentazione della ricerca:
“Le pompe di calore sono una delle soluzioni più concrete per decarbonizzare il settore civile e ridurre le bollette. Ma servono competenze vere, formazione, progettazione attenta. Altrimenti, si rischia di ottenere l’effetto opposto.”
In altre parole, l’efficienza c’è, ma serve qualcuno che sappia come raggiungerla. E questo qualcuno oggi, in molti casi, manca.
L’esempio svedese: un unico interlocutore, dall’idea all’installazione
Durante l’evento è intervenuto anche Filippo Luna, direttore operativo di AIRA in Italia, per spiegare il modello dell’azienda svedese: un approccio direct to consumer che non si limita a vendere l’impianto, ma segue il cliente in ogni fase. Dal sopralluogo iniziale al progetto su misura, fino all’installazione e all’assistenza, AIRA punta su un servizio completo e garantito, che promette un ritorno dell’investimento in 5-10 anni. E, soprattutto, un unico interlocutore. Una proposta che in Italia potrebbe davvero fare la differenza.
Formazione e politica: le sfide vere della transizione
Alla base di tutto, però, resta un punto fondamentale: formare persone competenti e creare politiche stabili. Senza professionisti capaci, anche le tecnologie migliori diventano un problema. Senza incentivi chiari e coerenti, anche gli italiani più motivati finiscono col desistere.
Motta ha lanciato un messaggio chiaro alla politica:
“La transizione energetica è un’occasione enorme. L’Italia produce molti dei componenti delle pompe di calore: investire su questa filiera significa anche creare ricadute positive sull’economia locale. Serve una visione, non scelte ondivaghe.”
In sintesi
- Solo il 25% degli italiani conosce davvero la tecnologia delle pompe di calore
- Il 74% sarebbe disposto ad adottare soluzioni a basse emissioni, ma solo il 17% lo ha fatto
- I giovani si dimostrano molto più attenti ai temi ambientali rispetto agli adulti
- Mancano informazione, formazione tecnica e politiche chiare
- Il modello “chiavi in mano” proposto da AIRA punta a semplificare l’adozione di soluzioni efficienti e sostenibili
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